di Tiziano Barbieri1
Normale significa uguale o simile, se volete, a tutto il resto.
In questo tempo di disuguaglianze assolute mi è presa la tentazione di scriverne.
Non di disuguaglianze, segno della fine del mio breve tempo su questa terra, ma di uguaglianze, in onore del sogno perseguito per tutta la vita.
Ammesso che conti per qualcuno, ma per i nostri certamente conta.
E fra i nostri c’è Fabio Testoni.
Fabio Testoni. “Dandy Bestia”.
Il soprannome non credo, conoscendolo, che se lo sia dato da solo.
Immagino che sia un’idea di quel pazzo, geniale: il Freak.
Sta di fatto che Fabio Testoni mi faceva incazzare, che il cielo, chiunque tenti di governarlo, lo preservi. Ma rimane il fatto.
Verso le due del mattino, ora non insolita, si presenta a casa mia.
Ero uno dei pochi che occupava un appartamento in quasi totale solitudine, non computando, chiedo perdono, Yoshko, israeliano, colonnello comandante di un reggimento di mezzi corazzati, membro della riserva a 28 anni, impossibile da credere, ma vero. Studente di Medicina e mio fratello di vita in quel tempo.
Testoni si presenta a casa mia, dicevo, faccenda non insolita per lui come per altri, in compagnia di una dolce fanciulla che anelava a giacere con il suddetto.
Suona il campanello.
Rientrato da pochi minuti non fatico ad udirlo, e vado ad aprire.
Del resto non è che sia una novità. Ciao, sì va bene, come va eccetera.
Dopodiché i due si fiondano nel mio letto per le inevitabili conseguenze.
Da buon amico, e lo era, suggerisce alla fanciulla di cui sopra di condividere i suoi ori con entrambi. Bravo ragazzo. Ma la sopravvenuta non ne vuole affatto.
Non rimane che lasciare il mio talamo ai due eletti, andare in sala, farmi un bourbon con ghiaccio e aspettare la loro conclusione.
Niente di grave: non ero sprovvisto di compagnia femminile, al tempo.
Ora ho mia moglie, più di quanto era lecito sperare, per uno come me.
Fabio mi faceva incazzare anche per altri motivi.
Da Vito, dove ci incontravamo insieme ad altri più famosi di cui evito di riportare le generalità, quasi ogni sera mollava il tavolo, chiedeva una penna a Paolo, figlio di Vito, il proprietario appunto, scriveva non so cosa su di un foglietto di quelli su cui si riporta la “comanda”, andava in bagno, unico, se ricordo bene, ma potrei sbagliare, per maschi e femmine e mollava il” pizzino” sotto lo specchio della toilette; pizzino destinato a quella che in qualche modo aveva individuato fra le commensali della trentina di tavoli.
Dopodiché tornava al nostro, di tavolo, ed in un batter d’occhio una gentile signorina entrava nello stesso bagno e ne usciva repentina con uno sguardo inequivocabile stampato sul bel viso.
Che fosse veramente bello o no, io non lo ricordo, ma so che le donne sono tutte belle. Gli andava sempre dritta. Oddio, forse qualche volta gli sarà anche andata buca, ma per quel che ricordo io, o per meglio dire la mia invidia, gli andava sempre dritta.
Fabio non possedeva però il meglio di sé stesso fra lo scroto e le cosce.
Fabio, per quel che ne posso sapere, e qui lasciate che il mio istinto di musicista prenda il sopravvento, era anche l’autore principale delle musiche di quel fenomeno denominato Skiantos.
Eravamo tutti “Righini”, ovvero frequentatori a fasi alterne dello stesso Liceo Scientifico. Anni diversi. Se sei in quarta non ti fili quelli di seconda o di quinta eccetera, ma eravamo tutti lì.
Sembrerà banale, ma avere a che fare con il Freak, ovvero Roberto Antoni, reincarnatosi in Freak Antoni, che in dialetto bolognese ha un senso preciso, non doveva essere una faccenda semplice.
Quel ragazzo si era inventato un aggettivo, “demenziale” (mi disturba un poco riportarlo, perché l’aggettivo è solo la punta dell’iceberg) che sarebbe entrato nei vocabolari di italiano.
Ovviamente si era inventato ben altro. Ora, se avete a che fare con un soggetto fuori dall’ordinario, scordatevi di fare la vostra parte con un criterio ordinario.
Va detto che l’incoscienza dei vent’anni aiuta. Peccato che con il tempo quell’incoscienza si perda, ma tant’è.
Di certo non si può far passare sotto silenzio il lavoro di Leo “Tormento Pestoduro” Ghezzi. Lo dico a ragion veduta. Avrei suonato con lui anni dopo: un musicista di sensibilità e bravura non descrivibili, con cui ho fatto, per merito suo e degli altri compagni di viaggio del momento, cose assolutamente pregevoli.
Sono certo, fortissimamente certo, che il suo apporto sia stato essenziale.
Come ho detto qualche tempo fa, in un’altra puntata di questa storiella, Keith Richards osservava Charlie Watts. Se il pezzo era buono Charlie ci dava dentro, in caso contrario si limitava a cazzeggiare.
Mi vedo Leo, e son certo che andasse così anche per gli Skiantos. Ma il pezzo bisogna scriverlo, e dall’altra parte del tavolo hai il Freak.
Difficile esserne all’altezza. Fabio lo era assolutamente. Grande rocker.
Avremmo suonato insieme, poco tempo dopo l’esplosione degli Skiantos, quindi parlo di cose di cui ho esperienza diretta.
Un caso fra i tanti: verso la metà degli anni ‘80 Gianni, Eros ed il sottoscritto danno vita al primo vero jazz club bolognese. Essendo i primi, tutti si sono affrettati a dimenticarlo. Non facevamo parte del “mainstream”, ma questa è un’altra storia.
Bene: organizziamo una serata con Fabio accompagnato da un quartetto d’archi. Chitarra elettrica e quartetto d’archi.
L’idea era venuta, chiedo scusa, al sottoscritto, dopo aver ascoltato il Kronos Quartet che eseguiva Purple Haze di Hendrix.
Fabio fu impeccabile: da Jumpin’Jack Flash fino a Hey Jude.
Prove: un pomeriggio, lo stesso giorno dello spettacolo.
Credetemi: non è impresa da tutti.
Fabio dovrebbe suonare tutti i giorni che Dio fa in terra.
Ogni giorno arrivato al termine, ogni notte bruciata dalla luce del sole, Fabio dovrebbe suonare.
Nessuno dovrebbe perderlo. Tutti noi dovremmo sapere con esattezza dove trovarlo. Va inseguito.
Nessuno si permetta di lasciarlo andare: è qui che deve stare.
Tiziano Barbieri, laureato con lode presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna; musicista professionista, ha suonato, tra gli altri, con Lucio Dalla, Francesco Guccini, Ornella Vanoni e Paolo Conte. Come solista ha pubblicato tre album per l’etichetta Virgin. Sul versante dell’organizzazione, ha diretto la produzione di Vinicio Capossela, Caetano Veloso, Ivano Fossati, Fiorella Mannoia.
La CICALA di Orno è la vetrina privilegiata delle iniziative dell’Associazione ORNO TEATRO, con i frequenti rimandi al sito dell’Associazione e al proprio canale YouTube, dove sarà possibile seguire, vivere e condividere gli eventi che abbiamo organizzato:
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Se questo mondo vi sembra spietato, dovreste vedere cosa sono gli altri
In attesa delle aperture ….