di Tiziano Barbieri1
Mi rendo conto, all’improvviso, che parlare dei grandi musicisti è compito assai più arduo di quanto le mie limitatissime conoscenze mi consentano.
In questa occasione mi azzardo, in tutta umiltà, a scrivere due parole su uno dei più grandi in assoluto.
Ci ha lasciato a cinquant’anni, nel 1982.
Credo di poterlo presentare riportando alcune sue brevissime frasi. “E io dicevo loro (rivolto virtualmente agli insegnanti di pianoforte-ndr): datemi mezz’ora del vostro tempo, la vostra disponibilità, un posto tranquillo ed io potrò insegnare a ciascuno di voi a suonare il pianoforte-tutto quello che c’è da sapere sul pianoforte lo si può insegnare in mezz’ora, ne sono più che convinto”.
Oppure, rivolto al grande George Szell, in quel momento a capo della Cleveland Orchestra, critico verso l’uso per lui eccessivo del pedale, “effeminato”, per l’esecuzione del Secondo Concerto di Beethoven: ”Mi spiace la pensi così, Maestro Szell, ma il primo Beethoven io lo suono a questo modo. Quel che volevo dire in realtà era (continua il nostro): perché invece non togli qualcuno dei tuoi maledetti archi! Ne hai troppi!”.
Non suonava Chopin e tanto meno Rachmaninov, non sembrava particolarmente attirato da Schumann ma eseguiva Byrd, Bach, naturalmente, Hindemith, Schoenberg, Haydn, Mozart e, appunto Beethoven. E molto molto altro ancora.
Fu per caso che lo ascoltai: stregato, all’inizio degli ’80, da un curiosità sfrenata tesa ad imparare tutto quello che non sapevo di musica, e quel che non sapevo era come un buco nero di diametro pari alla nostra galassia, presi ad acquistare, tutto quello che trovavo, da Monteverdi ai Polifonisti Fiamminghi, il Barocco, la Classica, Wagner , Brahms, la Seconda Scuola di Vienna, Richard Strauss.
Tutto quel che mi capitava in mano.
György Ligeti : la mia passione più sfrenata che avevo conosciuto, senza saperlo, guardandomi per sei volte consecutive “2001 Odissea Nello Spazio”. Quello che sentite come colonna sonora alla fine della pellicola è “Lux Aeterna”. Ligeti, appunto.
Ma sto svicolando.
Mozart, naturalmente. Due delle mie preferite erano le Sonate K330 e K331.
Ne avevo diverse versioni. In auto quel pomeriggio, appena uscito dall’officina riparazioni, accendo la radio (sempre e soltanto sintonizzata su Radio Tre) ed ecco lì la K331.
L’esecuzione è in corso.
Dopo alcuni istanti inizia il Terzo Movimento: Rondò alla Turca.
Chiunque di noi l’ha ascoltato almeno una volta nella vita.
Fermo l’auto. Conosco benissimo quel brano, eppure mi sembra di non riconoscerlo affatto: il tempo, il suono del piano, addirittura la stesura mi paiono diversi.
È splendida: irruenta, profondissima eppure leggera come una piuma.
Ma chi è che suona? Chi accidenti la suona così?
Spengo il motore: non devo perdermi un sedicesimo e soprattutto il nome dell’interprete, ed il grande e compianto Paolo Terni, con la sua voce inconfondibile pronuncia: Glenn Gould.
Da quel momento mi è capitato sovente di pensare alla musica come ad un pozzo senza fondo di infinita conoscenza.
Calarsi in quel pozzo e comprenderne la dimensione è veramente un’esperienza destinata a pochi, ed io so di non potermi annoverare fra i fortunati. Ma questo è un altro discorso.
Gould, a trentadue anni, cesserà l’attività concertistica e si dedicherà esclusivamente alla sala d’incisione, alla radio ed anche alla televisione, ma niente più concerti dal vivo.
La sala d’incisione. I non addetti ai lavori penseranno che si tratti di una scelta comoda: puoi sempre rifare quello che non è andato bene.
Sicuramente non era il caso di un genio come Gould, ma in realtà la sala di incisione, per noi comuni mortali corrisponde a quello che dal punto di vista psicanalitico sarebbe analizzare i tuoi incubi peggiori.
Terribile e affascinante allo stesso tempo. Esecuzione: non va bene: Rifare. Con quale spirito? È come se qualcuno, il peggiore dei tuoi nemici, ovvero te stesso, ti stesse redarguendo: “che cosa combini, coglione?”. “Se non ci sei riuscito questa volta, cosa ti fa pensare che riuscirai fra un minuto?”.
La musica dal vivo è molto più semplice: scorre nel tempo, il tempo è veloce ed i nostri errori volano via in un batter d’ali. Qualcuno, pochissimi, forse li ha intuiti, la gran parte non ha nemmeno fatto in tempo a rendersi conto di quel che accadeva.
Ma in studio non funziona così: quello che hai suonato rimane lì, immortalato, per sempre. Devi cancellare la traccia, e tracciarne un’altra.
Tempo, denaro, fatica, derisione, delusione, rammarico e, se riesci, di rado, sollievo: ne sei uscito. Eppure non è ancora finita: devi riascoltare il tuo lavoro a distanza di giorni: quel che ti sembrava buono o passabile il tempo lo mette allo scoperto.
La tua esecuzione deve resistere alla prova del tempo.
Quelle di Gould migliorano con gli anni. Evento raro.
Vi prego: ascoltatelo.
Tiziano Barbieri, laureato con lode presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna; musicista professionista, ha suonato, tra gli altri, con Lucio Dalla, Francesco Guccini, Ornella Vanoni e Paolo Conte. Come solista ha pubblicato tre album per l’etichetta Virgin. Sul versante dell’organizzazione, ha diretto la produzione di Vinicio Capossela, Caetano Veloso, Ivano Fossati, Fiorella Mannoia.
La CICALA di Orno è la vetrina privilegiata delle iniziative dell’Associazione ORNO TEATRO, con i frequenti rimandi al sito dell’Associazione e al proprio canale YouTube, dove sarà possibile seguire, vivere e condividere gli eventi che abbiamo organizzato:
Favole leggende e altre storie
Se questo mondo vi sembra spietato, dovreste vedere cosa sono gli altri
In attesa delle aperture ….