di Tiziano Barbieri1
Il lavoro consisteva in questo: un committente richiedeva la composizione, il musicista la consegnava. La circostanza poteva essere un matrimonio, una messa, un funerale, martedì grasso e via dicendo. A pensarci bene, viene da chiedersi come mai il musicista non rifilasse al committente un o più dei 50 o 100 brani già composti per altre circostanze. Chi mai se ne sarebbe accorto? Ma no, il nostro artista riprendeva l’idea di qualche tema, di una cellula ritmica, di una successione armonica già utilizzata in precedenza.
Perbacco, ci mancherebbe… Ma niente “rifilo”.
Sempre roba nuova. Pensate a Bach, Telemann, Hendel.
La consuetudine di eseguire brani già composti da sé stessi o da altri è recente, tutto sommato. Ancora nel XIX secolo, Verdi, Wagner, Puccini, Donizetti, Bizet, Mendelsshon, Beethoven, Bhrams, Tchaijkovsky scrivevano, pubblicavano ed eseguivano composizioni assolutamente nuove. Ancora nei primi anni del XX Strauss, Mahler, Schoenberg, Berg, Stravinskij scrivevano. Altro che repertorio….
Ma quasi subito dopo, il Nazionalsocialismo si appropria di Wagner, mentre Verdi e Puccini ormai deceduti vengono riproposti in tutti i grandi teatri insieme a Donizetti, Bellini, Leoncavallo, Mascagni.
Ecco il grande repertorio della tradizione classica: nei cartelloni delle stagioni liriche o sinfoniche i brani inediti divengono una rarità.
Il pubblico non vuole ascoltare il nuovo: preferisce crogiolarsi nel senso di appagamento determinato dalla ripetizione di un’esperienza già vissuta, preferisce avere a che fare con qualcosa di già conosciuto, possibilmente molto, molto conosciuto. I sensi non gioiscono della novità, ma della routine.
Opere nuove? “Le Gran Macabre”, “West Side Story, “Como una Ola de Luz”.
Nono. Berio, Ligeti, Bartok , Davis, Monk, Zappa.
Ma è andata sempre peggio: nei teatri La Traviata, nei club gli “standard”, nelle feste di piazza le Cover Bands.
Ci ha salvato un poco la canzone d’autore, Dalla, Guccini, De André, Paoli, Conte, Tenco, Fossati. Devi fare un LP ogni anno, più o meno, perciò devi scrivere pezzi nuovi.
Il Jazz l’ha salvato il Festival, fin quando qualche icona del passato era ancora in gamba. Pochi i nuovi veramente grandi (Meldhau per esempio).
Quanto a me, ho iniziato a strimpellare a 14 anni, a scrivere oltre i 30.
Difficile, veramente difficile.
Una cosa è salire in sella ad una bici, un’altra è imparare a costruirne una, un’altra ancora costruire la tua, di bici.
Nel mio ambiente erano pochi a scrivere musica strumentale : Jimmy (Villotti), Moris (Fabbri), grande, Cialdo (Carlo Capelli), bravissimo.
E poi, per chi scrivi? Per quale o quali e quanti strumenti?
Scrivere per pianoforte, o per chitarra, o per un oboe od un sax non è affatto la stessa cosa: un tema eseguito da uno strumento inadatto diventa ridicolo.
Io ho un grande debito di riconoscenza nei confronti di quei musicisti che si sono prestati a suonare le mie cose, all’inizio a volte veramente ingenue, finché un bravissimo pianista si è visto porgere dal sottoscritto la mia prima partitura per pianoforte. Prende i fogli mi fa un bel sorriso (veramente una risatina) e comincia a leggere e suonare. Quattro battute al volo, sempre ridacchiando, ma alla quinta ohilà, si impappina: “cos’è ‘sta roba?”. Rallenta, si fa cauto mentre io mi sento male, poi suona le cinque misure successive ed io sento per la prima volta da un pianista vero quello che semplicemente avevo strimpellato, lavorando più di immaginazione, discreta, che di tecnica, pessima. Era buona quella roba. Da allora non ho mai smesso di scrivere.
Da nove anni il mio debito va pagato a Marco, Red e Gianni, compagni di lavoro eccezionali, impagabili, insostituibili: il Treno, come lo chiamo io.
“Le Train Bleu”, mi correggerebbe Marco.
Sempre ovviamente soltanto brani originali, ma senza di loro assolutamente inutili.
La musica deve essere suonata e qualcuno, se possibile, deve trovarsi ad ascoltarla. Se rimane relegata su un pezzo di carta, allora la musica più bella del mondo non vale niente.
Domani sera, lunedì 12 maggio, saremo al Paradiso Jazz.
Presenteremo e suoneremo un piccolo cd appena realizzato.
Se passate da quelle parti ed avete un minuto, fate un salto.
Noi intendiamo divertirci, ma solo se vi divertite anche voi.
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Tiziano Barbieri, laureato con lode presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna; musicista professionista, ha suonato, tra gli altri, con Lucio Dalla, Francesco Guccini, Ornella Vanoni e Paolo Conte. Come solista ha pubblicato tre album per l’etichetta Virgin. Sul versante dell’organizzazione, ha diretto la produzione di Vinicio Capossela, Caetano Veloso, Ivano Fossati, Fiorella Mannoia.