di Rinaldo Falcioni1
Il melting pot della guerra gotica
Il 14 aprile 1945, in una Vergato rasa al suolo entravano finalmente i carri Sherman della 1a Divisione corazzata Usa. Era scattata l’operazione finale, in codice Grapeshot (Mitraglia), concepita come un «uno-due» pugilistico: l’VIII Armata doveva travolgere le forze tedesche su Santerno e Sillaro (piano Buckland), mentre la V avrebbe attaccato a ovest della statale della Futa per sfociare nell’area padana (è il piano Craftsman). Così, il IV Corpo d’Armata americano si mosse, inesorabile. Sulla riva sinistra del Reno operavano anche i brasiliani della Feb, a braccetto con la potente 10a Divisione da Montagna del generale George Hays. Sulla riva destra, la 6a Divisione corazzata sudafricana si era spinta più a nord, verso le pendici del Monte Stanco e del Salvaro, già nell’autunno precedente. Adesso era nel lucchese, in riserva d’Armata.
Dalla foto di questo settore si vede dunque il carattere «multietnico» dell’esercito alleato. E la stessa considerazione vale per quello tedesco: a parte gli italiani, che combatterono in entrambi gli schieramenti, sotto la croce uncinata troviamo elementi dell’est europeo cooptati a vario titolo fino a formare intere divisioni, come i turkmeni e gli ucraini.
Il settore destro dello schieramento alleato, quello dell’VIII Armata britannica era particolarmente variegato in tal senso: Churchill attinse a man bassa alle risorse umane dell’intero Commonwealth.
Osserviamo il fronte alleato dalla parte adriatica, alla data del 25 agosto 1944, all’inizio cioè dell’offensiva romagnola – la «battaglia di Rimini». Troviamo un intero Corpo d’armata canadese (due divisioni e una brigata); una brigata di montagna greca; tre divisioni indiane; una divisione neozelandese; il Corpo polacco (due divisioni e una brigata). Sudafricani, brasiliani, nippo-americani, si aggiungono al quadro spostandoci più a ovest, nel settore della V Armata. E lo schieramento di Alexander aveva perso dieci giorni prima l’intero Corpo francese del generale Juin, composto prevalentemente da truppe coloniali (i famigerati goumiers, soldati marocchini che non lasciarono un buon ricordo fra le popolazioni della Ciociaria), trasferito in Provenza. Anche nelle formazioni partigiane c’erano elementi stranieri, anzitutto parecchi prigionieri di guerra dei tedeschi fuggiti dai treni durante il trasporto nei campi di concentramento. Nella brigata Stella Rossa, i «russi di Karaton» offrirono la più strenua resistenza in località Caprara alle Ss di Reder, mentre l’indiano Sad dava un tocco esotico alla formazione. Non vanno poi dimenticati quei disertori tedeschi che, anziché arrendersi agli Alleati, sceglievano di unirsi ai partigiani.
I polacchi del generale Anders ricevettero l’onore di entrare per primi a Bologna, la mattina del 21 aprile. I tedeschi si erano ritirati poche ore prima, nell’illusione di potere ancora frapporre al nemico l’ennesima linea di resistenza. Le ultime, lungo i fiumi a est di Bologna avevano assunto nomi di donna, come Irmgard (sul Senio), Laura (Santerno), Paula (Sillaro), fino al meno romantico Gengis Khan, la linea sull’Idice, nome terribile a cui tuttavia corrispose il crollo finale. La gioia della popolazione bolognese è ben documentata dalle foto di Edo Ansaloni che con il suo obiettivo colse l’ingresso degli Alleati da Strada Maggiore.
Polacchi, americani (statunitensi della 34a Divisione di fanteria Red Bull), bersaglieri italiani con l’elmo a scodella inglese e mitra Thompson americano a tracolla (reduci dall’impresa di Poggio Scanno, sopra Idice), mezzi corazzati, jeep, fiaschi di vino che passano da una mano all’altra: Ansaloni documenta una festa in cui predomina, quasi palpabile, l’allentamento della grande tensione che per lunghi mesi aveva stretto Bologna – e l’Italia tutta – nella morsa della paura e del dolore.
Prima parte: L'Italia campo di battaglia
Seconda parte: L'intreccio s'infittisce
Il testo di Rinaldo Falcioni è suddiviso in tre parti; costituisce la postfazione al libro di Silvano Monti, “I ragazzi della Linea Gotica”, Pendragon, Bologna 2019.
Rinaldo Falcioni è nato a Bologna nel 1954. E’ direttore scientifico dell’Università Primo Levi di Bologna. Per la casa editrice Pendragon ha di recente pubblicato “Il Cobra sta fumando” e “L’Avventura del Calderaro”.
La CICALA di Orno è la vetrina privilegiata delle iniziative dell’Associazione ORNO TEATRO, con i frequenti rimandi al sito dell’Associazione e al proprio canale YouTube, dove sarà possibile seguire, vivere e condividere gli eventi che abbiamo organizzato: